Il 2 luglio iniziò l’offensiva finale contro la caccia italo-tedesca, con un pesantissimo attacco dei B-24 americani sulla Puglia (la povera Foggia, strategico nodo ferroviario circondato da 30 aeroporti, il 18 settembre era distrutta per il 90%, con 21.000 vittime complessive!), seguito il 3 da uno su Sicilia Occidentale e Sardegna, il 4 sulla Sicilia Orientale ed infine il 5 sul sistema aeroportuale catanese, messo talmente in difficoltà che il 7 luglio sarebbe venuto clamorosamente a mancare tutto il munizionamento antiaereo da 90/53!
In quei giorni, “prodighi di sè stessi fino alle estreme possibilità”, avrebbe detto Guzzoni, i piloti italiani effettuarono ben 212 sortite il 4 luglio, 165 il 5 e 95 il 6 luglio, abbattendo 53 aerei nemici al prezzo di soli 15 nostri (93 ne avrebbe distrutti la Luftwaffe).
Proprio in uno di quei giorni caddero due dei nostri più grandi assi, tutti e due dell’84° squadriglia del 10° gruppo “Francesco Baracca” del 4° stormo C.T. (Caccia Terrestre) di Gerbini, il famoso “Cavallino rampante”: il capitano Franco Lucchini di Roma (26 abbattimenti individuali confermati includendo la guerra di Spagna, 52 condivisi con altri), comandante del 10° , ed il sottotenente Leonardo Ferrulli di Brindisi (22 abbattimenti individuali e 10 condivisi).Quando il 5 luglio 1943 vennero avvistate ben 900 fortezze volanti scortate da altrettanti caccia in direzione dell’Italia meridionale, tutti i nostri caccia disponibili vennero allertati, tra cui proprio i 13 del 10° gruppo, con l’ordine di intercettare una formazione di 52 B-17 degli squadroni 346, 347, 348 e 416 del 99° BG della 12° AF (colonnello Faye R. Upthegrove) che si stavano dirigendo proprio verso di loro scortati da decine di Spitfire IX del 73° e del 243° squadrone della RAF.
Insieme con loro c’erano quelli del 9° gruppo “Gamba di ferro” di Sigonella guidati dal capitano Giulio Reiner (73°, 96° e 97° squadriglia), per un totale di 27 tra Macchi 202 Folgore e nuovissimi Macchi 205 Veltro, cui si aggiunsero in quota i Messerschmitt Me 109 G Gustav delle squadriglie 363°, 364° e 365° del 150° gruppo autonomo “Gigi Tre Osei” di Sciacca, al comando del tenente colonnello Antonio Vizzotto.
I piloti italiani, intercettato il nemico nei pressi di Ragusa a 23.000 piedi d’altezza, poco più di 7.000 metri, si lanciarono subito sui bombardieri trascurando volutamente i caccia di scorta: Lucchini, Giannella, Mettimano, Dall’Asta e Buttazzi dell’84° danneggiarono visibilmente tre B-17, il maresciallo Salvatore della 90° ed il tenente Vittorio Squarcia della 73° ne abbatterono due in condivisione con dei Me 109, mentre il capitano Reiner e lo stesso Salvatore, il sergente Ettore Chimeri ed il sergente Bruno Biagini della 73°, Cima e Ceoletta della 90° ed il tenente Mecatti della 91° ne abbatterono uno a testa, ed ancora Mecatti danneggiò pure uno Spitfire mentre Lucchini ne abbattè a sua volta un altro.




Ferrulli ottenne le sue due ultime vittorie, nel cielo della Sicilia, il giorno stesso della sua morte: il 5 luglio 1943, poche ore dopo che il suo amico e altro grande “asso”, Franco Lucchini era stato abbattuto non lontano dalla sua base. Ferrulli decollò alle 14 e 20 con il Tenente Giorgio Bertolaso e il Sergente Giulio Fornalé, anch’essi della 91ª Squadriglia, per intercettare una imponente formazione di bombardieri quadrimotori americani Boeing B-17 Flying Fortress diretta a bombardare Gerbini, scortata da caccia Lockheed P-38 Lightning e da una ventina (una trentina, secondo altre fonti ) di Spitfire degli Squadron 126 e 1435. Ferrulli fu visto abbattere un B-17 e un bimotore da caccia P-38 Lightningprima di essere attaccato dagli Spitfire di scorta. Colpito, Ferrulli, assicuratosi che il proprio velivolo non entrasse in collisione con le abitazioni civili e onde evitare vittime innocenti, si lanciava con il paracadute dal suo Macchi danneggiato, ma era troppo basso e urtò il suolo morendo a Scordia (CT) sacrificando la sua giovane vita e salvando quella di centinaia di cittadini scordiensi. La camera ardente fu allestita di tutta fretta presso la “Casa del Fascio” di Scordia. Ad abbattere quello che era, in quel momento, il pilota italiano con il maggior numero di vittorie aeree, fu un anonimo pilota alleato: probabilmente il Pilot Officer Chandler (JK139/V-X), che dichiarò di aver danneggiato un Macchi, durante quel combattimento aereo, oppure il Flight Sergeant F. K. Halcombe (JK368/V-J) del 1435 Squadron, che asserì di aver colpito un Messerschmitt Bf 109, spesso scambiato per un Macchi, data la somiglianza dei due aerei. Anche il Flying Officer Geoff White (JK611/MK-M) del 126 Squadron abbatté un Macchi, ma la sua vittima sembra essere stato il Sergente maggiore Corrado Patrizi dell’84ª Squadriglia che si salvò lanciandosi dal suo Macchi M.C. 205 con il paracadute.
A Ferrulli fu conferita una Medaglia d’oro al Valor Militare postuma, che andava ad aggiungersi alle sue precedenti decorazioni, che includevano tre Medaglie d’Argento al valor militare.
Alle 11,55 i caccia italiani erano di ritorno, ma ne mancava uno: era proprio quello di Lucchini!
Il sottotenente Dell’Asta l’aveva visto attaccare nuovamente i bombardieri e poi cadere all’improvviso, col tettuccio chiuso, probabilmente colpito proprio dal poderoso fuoco difensivo di quei mostri, armati di ben 13 mitragliere Browning M 2 cal. 50 (12,7 mm) ad alta cadenza di tiro, pochi chilometri ad est di Catania.
Proprio lui si recò con una macchina del gruppo sul posto dell’abbattimento, ma dovette tornare indietro perché era in corso un bombardamento.
Solo due giorni dopo sarebbero stati individuati i rottami dell’aereo: tra le lamiere accartocciate e fumiganti del Folgore venne però recuperata solo una parte della mano sinistra dello sfortunato ufficiale, tanto che il riconoscimento fu reso possibile solo dalla fede nuziale portata al dito.
Solo nel 1952, nove anni dopo la sua morte, a Lucchini sarebbe stata concessa postuma la medaglia d’oro, che si sarebbe aggiunta alle precedenti cinque d’argento, una di bronzo, alle tre croci di guerra ed alla croce di ferro di seconda classe conferitagli dai tedeschi.
Ora i suoi pochi resti riposano presso il Sacrario dell’Aeronautica Militare al Verano (Roma).
Il capitano Franco Lucchini sarebbe stato citato nel bollettino di guerra n. 1137 del 6 luglio 1943 insieme con quello di altri cinque piloti del 4° stormo (il capitano Raniero Piccolomini Clementini Adami di Siena, caposquadriglia della 90°, che gli sarebbe succeduto al comando del gruppo, il capitano Luigi Giannella di Barletta ed i tenenti Vittorino Daffara di Milano, Alvaro Querci di Lucca e Mario Mecatti di Perugia).
Tra le 14,15 e le 14,20 partivano altri 3 Folgore della 91° (tenente Bertolaso, sottotenente Leonardo Ferrulli e sergente Giulio Fornalè), alle 15,35 il Folgore di Giannella ed il Veltro di Buttazzi, alle 17,00 altri due Macchi, uno dell’84°, quello del maresciallo Salvatore, ed uno della 90°, quello del tenente Fabio Clauser, alle 17,35 un altro Folgore non identificato ed il Veltro del sottotenente Ugo Picchiottini, ed infine alle 20,00 ancora Clauser, con un pattugliamento di 15 minuti sopra la base di San Salvatore, senza esito.
Basta fare un conto rapido sui dati visti sopra: il solo 5 luglio 1943 furono impegnati almeno 30 piloti del 4°stormo (forse 32) in almeno 41 sortite individuali, di sicuro 3 effettuate da Giannella e Buttazzi, 2 da Bertolaso, Martelli, Mettimano, Clauser, Salvatore, Squarcia, una da altri 22 uomini, il tutto in sole 13 ore, mettendo in mezzo rifornimento, riarmo, un minimo di riposo e di ristoro.
Un ritmo alla lunga insostenibile…
Bertolaso danneggiò quattro quadrimotori, Daffara abbattè un P-38 Lightning e danneggiò due quadrimotori e due Spitfire, Fornalè danneggiò lievemente un altro bombardiere, ma soprattutto gli 8 Macchi delle 13,25 si scontrarono sui cieli di Gela, Enna e Caltagirone, insieme con altri velivoli italo-tedeschi, contro ben 70 B-17 di ritorno da Catania scortati da 30 P-38 Lightning dei FS 95°, 96° e 97° dell’82° FG dell’USAAF (colonnello John Weltman) e da 20 Spitfire del 126° e del 1435° FS della RAF: Martelli, Patrizi, Squarcia e Mettimano danneggiarono alcuni bombardieri; Giannella, Veronesi, Sforza Libera ed ancora Mettimano abbatterono ognuno un Lightning (Mettimano anche un altro probabile, come Patrizi), anche se dal canto loro i Lightning, avrebbero comunicato 5 nemici abbattuti: il primo tenente Gerald Lynn Rounds ed il secondo tenente Russell C. Williams del 97° un Me 109 ciascuno, il primo tenente William Judson Sloan del 96° un altro Me 109 ed un Reggiane Re. 2001, il secondo tenente James V. O’Brien dello stesso squadrone un altro Re. 2001.
Proprio durante questo scontro caddero però altri due piloti italiani.
Uno fu il sottotenente Sforza Libera della 90° squadriglia, nativo di Busseto (PR), alla sua prima missione di guerra, che venne attaccato da 4 Lightning sul cielo di Comiso e precipitò dopo averne abbattuto uno, con il compagno Squarcia che invece riuscì a tornare incolume alla base intorno alle 14,20 dopo essersi difeso contro i 3 inseguitori sparando un totale di 185 colpi.
L’altro fu appunto il sottotenente Leonardo Ferrulli dell’84°, di Brindisi, che dopo aver abbattuto un B-17 (con tre uomini dell’equipaggio che riuscirono a lanciarsi col paracadute) ed un Lightning venne colpito nei pressi di Scordia da uno Spitfire, non si sa se quello del Pilot Officer Chandler (JK 139/V-X) o del Flight Sergeant F. K. Halcombe (JK 368/V-J) del 1435° FS della RAF: poteva salvarsi, ma prima di lanciarsi col paracadute manovrò per evitare che il suo aereo, privo di un’ala, si schiantasse contro le case civili, e quando lo fece era ormai troppo tardi.
La sua salma venne frettolosamente composta nella Casa del Fascio di Scordia: anche a lui venne attribuita la medaglia d’oro alla memoria, che andò ad aggiungersi alle tre d’argento guadagnate in vita.
Vennero abbattuti anche il sergente maggiore Corrado Patrizi (sicuramente dallo Spitfire JK 611/MK-M del Flying Officer Geoff White del 126° FS) ed il sergente maggiore Veronesi dell’84°, ma sarebbero riusciti a salvarsi, il primo lanciandosi col paracadute, il secondo con un atterraggio di emergenza.
Quella giornata avrebbero partecipato a tutti gli scontri sui cieli anche circa un centinaio di Me 109 G tedeschi del I°- II°- III°/JG 53 “Pik As” (Asso di picche) di Comiso e del I°-II°/JG 77 “Herz As” (Asso di cuori) di Sciacca, che sostennero di aver abbattuto 12 bombardieri al prezzo di 4 dei loro, tra cui l’aereo del maggiore Johannes Steinhoff, comandante del JG 77.

Johannes Steinhoff nacque a Bottendorf, attuale frazione di Roßleben, in Turingia. Entrato nella Luftwaffe, l’aeronautica militare tedesca, il 18 dicembre 1939 abbatté due bombardieri britannici Vickers Wellington vicino Wilhelmshaven, uno dei primi piloti tedeschi a conseguire delle vittorie aeree nella seconda guerra mondiale. Alla fine dell’anno fu nominato comandante (Staffelkapitän) della 10ª squadriglia (Staffel) del 26º stormo caccia (Jagdgeschwader 26, JG 26). Nel febbraio 1940 divenne Staffelkapitän della 4ª squadriglia del Jagdgeschwader 52 (4./JG 52) e, dopo aver ottenuto otto vittorie sul fronte occidentale, nel 1941 venne inviato a est, dove ebbe modo di conseguire altre vittorie. Entro l’inizio di agosto gli erano state accreditati trentacinque abbattimenti. L’Oberleutnant (tenente) Steinhoff venne decorato con la Croce di Cavaliere della Croce di Ferro il 30 agosto.[1] Promosso Hauptmann (capitano) e divenuto comandante (Gruppenkommandeur) del II gruppo (Gruppe) del JG 52 (II./JG 52) nel febbraio 1942, Steinhoff raggiunse la sua 90ª vittoria il 25 agosto contro un caccia Yak-1, quindi la 100ª nei cieli di Stalingrado il 31 agosto abbattendo un caccia LaGG-3. Il 2 settembre ricevette le fronde di quercia da aggiungere alla Croce di Cavaliere. Poco dopo essere stato trasferito al Jagdgeschwader 77, il 2 febbraio 1943 abbatté il suo 150º aereo avversario. La serie di successi continuò e il 28 luglio 1944 fu premiato con le spade per la Croce di Cavaliere per aver raggiunto le 167 vittorie. Steinhoff fotografato al Nürburgring nel 1969 in occasione dei vent’anni dalla nascita della NATO Nel dicembre 1944 divenne comandante (Geschwaderkommodore) del Jagdgeschwader 7, uno stormo equipaggiato con i caccia a getto Messerschmitt Me 262. Nel gennaio 1945 venne chiamato dal generale Adolf Galland per far parte del Jagdverband 44, un reparto dotato di Me 262 formato attorno ai migliori assi tedeschi. Steinhoff assunse il ruolo di capo operazioni e ufficiale per compiti speciali. A bordo dei caccia a reazione ottenne le ultime sei vittorie portando così il totale a 176 abbattimenti. L’8 aprile infatti, in fase di decollo in quella che era la sua 900ª missione di guerra, il carrello d’atterraggio dell’Me-262 colpì una buca mal riparata e si schiantò fuori pista prendendo fuoco. Steinhoff riuscì a uscire dal posto di guida, ma rimase gravemente ustionato in molte parti del corpo, palpebre incluse. Non riuscì a chiudere gli occhi fino al 1969, quando un chirurgo della Royal Air Force gli ricostruì le palpebre con un lembo di tessuto preso dal braccio; fino a quel momento era stato costretto a indossare degli occhiali scuri per coprire il danno provocato dall’incidente. Il volto sfigurato non fu comunque un ostacolo alla carriera di Steinhoff, che nel dopoguerra riprese servizio con la Luftwaffe della Germania Ovest diventandone capo di stato maggiore (Inspekteur der Luftwaffe) dal 1966 al 1970. Dal 1º aprile 1971 al marzo 1974 fu presidente del comitato militare della NATO. Morì a Bonn il 21 febbraio 1994. A lui è intitolato lo Jagdgeschwader 73 dell’attuale aeronautica militare tedesca.
Il 99° BG dal canto suo avrebbe ammesso l’abbattimento di tre suoi B-17 del 348° BS (42-29486, 42-29483, 42-29492) ed un membro dell’equipaggio di un bombardiere abbattuto sarebbe stato portato prigioniero a San Salvatore.
Gli Spitfire avrebbero rivendicato due Gustav danneggiati, i bombardieri addirittura l’abbattimento di ben 45 caccia nemici!
Al 9 luglio, 7 dei 12 campi di Gerbini risultavano devastati da 1.400 tonnellate di bombe, così come Comiso e Boccadifalco, Castelvetrano era totalmente inutilizzabile e Milo e Sciacca solo parzialmente efficienti, con 220 nostri velivoli distrutti al suolo (104 nel solo giorno 5).
Dal 10 luglio al 17 agosto i nostri caccia avrebbero fatto in condizioni sempre peggiori oltre 650 missioni, quelli del 4° stormo fino a 6 al giorno.